Ogni situazione si presta a diverse interpretazioni, non necessariamente una sola e' quella giusta.
L'esperienza che stiamo tutti vivendo ormai da quasi un anno ci sta mettendo tutti a dura prova e tutto cio' che emula, ma non sostituisce, i rapporti umani, esaspera le discussioni e le tensioni.
La scuola e' inananzitutto insegnamento e didattica, che a parer mio funziona meglio se in presenza. Ma la scuola e' anche tutto l'ìndotto che genera e non possiamo negarlo. Dalle cartoliberie per libri di testo (esistono ancora?) e cancelleria ai fornai che fanno i panini la mattina per gli studenti, ai distributori automatici nei corridoi, alle transumanze negli orari di ingresso/uscita che fosse su mezzi pubblici o privati. E ovviamente se i figli sono a scuola i genitori possono andare al lavoro perche' qualcuno glieli guarda.
Quindi possiamo dire che la scuola e' (era) anche traffico nelle ore di punta? Secondo me si.
E quindi come non parlare di scuola senza tener conto di tutto questo?
Eppure in tanti anni del traffico non ci siamo mai lamentati, perche' il traffico era anche un problema condiviso con un altro grande aspetto della vita di (quasi) tutti: il lavoro. Pure quello ha le stesse transumanze ma ci tocca e ingoiamo la pillola.
Per anni ho benedetto la possibilita di poter lavorare in orari molto alternativi per evitarmi le alzatacce all'alba e il traffico nelle ore di punta. (dico solo che nel mio caso il percoso casa-lavoro poteva essere di 1h20m per entrare negli orari classici, 20-30m se posticipavo l'ingrazzo di un'ora).
La soluzione e' semplice e davanti a tutti: cambiare le abitudini del mondo del lavoro (e della scuola?) e scaglionare ingressi/uscite, e quindi abbattere anche il traffico per le strade (meno traffico e quindi magari meno inquinamento perche' meno stai fermo in coda meno tieni il motore acceso) e meno stress.
In teoria anche lo smart working aiuta in questo senso, (dove fattibile).
Eppure la societa' vuole i suoi ritimi e pensare di cambiarli, per quando mostrandone i possibili benefici, sembra utopico. E quindi insistiamo a svegliarci alle 630 per essere al lavoro alle 800.
Perche' dalla rivoluzione industriale in poi abbiamo capito che le ottimizazioni su grande scala portano minori spese, minori perdite, piu' guadagni. Trascorso il periodo di tempo per ammortizzare le spese di organizzazione, il prezzo della forbice pero' lo paga il lavoratore con i sue alzatacce e le sue notti a letto presto per la stanchezza.
Sono ottimizzazioni, portano vantaggi per tutti in fondo: finche' il gioco funziona, produce posti di lavoro e stipendi stabili.
Un po' come un fiume fa girare le pale di un mulino per produrre farina, una volta scoperto come fare arriva uno che da qui in poi chiameremo "mugnaio" (esistono ancora) ci piazza una casetta con una grande ruota accanto, proprio li lungo il fiume, e inizia il suo business.
Un po' come una strada fa passare gente e arriva uno che da qui in poi chiameremo "barista" oppure "oste" (se esiste ancora) e ci piazza una casetta con una grande insengna accanto, proprio lungo la strada, e inizia il suo business.
Un po' come la vita fa passare le persone, e arriva uno che da qui in poi chiameremo "commerciante" (se esiste ancora) e ci piazza una casetta anche senza nessuna insegna accanto, proprio lungo la vita, e inizia il suo business.
In italia (nel resto del mondo la vedono diversamente, a ragione o torto) il lavoro e' un diritto. Ma prima che un diritto e' una opportunita'.
Concedetemi di banalizzare per spiegare il concetto.
Ogni lavoro e' asservito ad una necessita' in un preciso contesto.
D'inverno fa freddo e mi devo scaldare, allora mi alzo la mattina e vado nel bosco a far legna.
Ma se abito in Thailandia non vado a far legna per scaldarmi perche' l'inverno non e cosi freddo.
Direi quindi che partire per la Thailandia per cercare lavoro come taglialegna sia del tutto ridicolo.
Magari e' piu' facile cercare lavoro come pescatore, in Thailandia.
Se viene meno l'opportunita', viene meno il lavoro, per quando si possa insistere a volerlo chiamare diritto.
Purtroppo questo virus ha fatto saltare la maggior parte delle nostre abitudini sociali a cui eravamo abituati e di conseguenza molte delle attivita' che si basavano proprio su queste abitudini: le abitudini spesso non sono necessita'.
E (solo per esempio) l'abitudine di andare al bar o al ristorante.
Cresciamo e viviamo in una realta' sociale oramai cosi' complessa (e per molti versi comoda) a cui ci siamo assuefatti e la maggior parte delle persone reagisce al cambiamento in corso cercando di impedirlo.
E' una dinamica psicologica totalmente comune e normale.
Siamo fondamentalmente e intimamente tutti pigri.
Se ci siamo abituati ad una situazione, ci infastidisce quando questa cambia e reagiamo per cercare di ristabilire la situazione precendete.
Perche' e' piu' facile che sforzarsi di accettare la nuova realta' e trovare una nuova soluzione.
Ripeto: sto semplificando all'inverosimile solo per spiegare il concetto.
Non voglio certo banalizzare anni di studi accademici per diventare tecnici o ingegnieri o manager.
Sto solo dicendo che piu' o meno consapevolmente sono tutte scelte fatte ad un certo punto della propria vita nel tentativo di intercettare opportunita' di lavoro molto specializzato e quindi probabilmente molto remunerativo piu' avanti nella vita.
Ma se un giorno il fiume si asciuga e la ruota non gira, il mugniaio si puo' incazzare quanto vuole ma l'unica cosa che puo' fare e' capire che quella opportunita' non e' piu' la stessa e deve rimettersi in gioco.
La stessa cosa se il traffico cambia su quella strada, l'oste deve capire che il suo business li' non funziona piu'.
L'industria cerca di fare la stessa cosa ogni giorno, perche' i business iniziano e finiscono.
Quando sono finiti i tempi delle musicassette, l'industria si e' messa a fare cd, poi dvd, poi bluray. Pure i floppy disk son finiti. E non e' colpa di nessuno: la vita va avanti, per quando ognuno di noi cerchi di aggrapparsi sul lungo periodo a situazioni e abitudini consolidate con sacrificio e fatica.
Ecco perche' trovo improprio voler forzare il paragone tra i mezzi di trasporto e bar e ristoranti.
I mezzi di trasporto pubblico rispondono ad una necessita' delle persone di doversi spostare (non tutti si possono permettere auto proprie) come per esempio andare al lavoro.
I bar e i ristoranti rispondono solamente ad una abitudine sociale e non ad una necessita' delle persone.
Entrambe le realta' generano dei contesti di aggregazione (assembramento) locale in cui i singoli individui riescono a dare il peggio di se'.
Proprio domenica passando davanti ad un bar ennesima scena di gente ammassata davanti all'ingresso del bar, tutti a fumarsi in faccia ovviamente con la mascherina abbassata. Scene simili alle fermate del bus.
Mi chiedo dove sta scritto che l'obbligo di mascherina in pubblico decada nel caso qualcuno voglia fumare. Anzi vorrei sapere se fumare e' un diritto sancito da qualche parte, soprattutto se per fumare ci si deve togliere la mascherina in prossimita' di altre persone esponendole al rischio di contagio qualora a fumare sia un inconsapevole asintomatico.
Dovendo limitare per quando possibile le occasioni di assembramento sociale per limitare il diffondersi del virus, anche anticipando tutte quelle occasioni in cui il singolo individuo non si possa attenere scrupolosamente alle indicazioni circa l'uso di DPI come la mascherina, nell'interesse della collettivita' prima che nell'interessa del singolo, secondo voi, il legislatore (o il dpcmmaro) secondo voi cosa avrebbe dovuto fare?
E non banalizzate il mio interevento in un semplice "che si arrangino" perche' sono il primo che nonostante le difficolta' che io stesso sto passando da mesi nel lavoro, quando posso, scelgo di andare a pranzo in un ristorante della zona, o di ordinare una pizza sotto casa, o prendere un cappuccino al bar per aiutare pure loro, perche' nonostante le difficolta' mi sento ancora uno di quelli "fortunati" nonostante tutto, nonostate il grosso "ridimensionamento" economico a cui sono soggetto in questo periodo.
E poi qui non si tromba un cazzo e questo rende tutto ancor meno sopportabile!
Ecco.