Occorre tenere conto che siamo in "Itaglia", il paese delle complicazioni, e, dove ci mette mano il nostro Stato, le cose raramente funzionano bene.
Forse prima andrebbe opportunamente riformata la Pubblica Amministrazione, un'utopia mai seriamente affrontata.
Sono ormai quasi 40 anni che lavoro e ho visto progressivamente peggiorare gli uffici pubblici a tutti i livelli, nonostante la paventata digitalizzazione, che si è tradotta in ulteriori complicazioni e disfunzioni, amplificando la mentalità burocratica tipicamente italiana.
Se dai una Ferrari in mano a uno che non sa guidare farà solo danni.
Inoltre, la prostituzione da noi, nella nostra mentalità distorta, è ancora sostanzialmente qualcosa di proibito, di sporco, pericoloso e illegale, nonostante sia invece del tutto legale e corrisponda a una nostra precisa esigenza vitale.
La prostituzione è quindi qualcosa da tenere nascosta, perché ci turba e ci scandalizza, e turba e scandalizza soprattutto gli altri che ci stanno vicino, e non siamo ancora pronti per affrontarla serenamente e seriamente alla luce del sole, né tantomeno per difenderla.
L'insieme di questi due fattori, uno Stato inefficiente e una mentalità ancora becera e distorta, mi ha portato a pensare che sia meglio per il momento lasciare le cose come stanno, onde evitare danni più gravi a tutto il mondo della prostituzione, noi compresi.
Mettere delle tasse sulle prostitute vorrebbe dire inquadrarle come professioniste, con una sede legale, una codice fiscale, una partita iva, esporle quindi visivamente come tali al mondo intero.
Molte, soprattutto le OTR, non sono nemmeno vere professioniste, sono "ragazze" prestate temporaneamente alla strada, le cui famiglie spesso non conoscono il reale lavoro che svolgono in Italia; insomma hanno due vite ben distinte e separate, su due binari paralleli ma indipendenti, che non devono mai collidere, altrimenti per loro sarebbe veramente la fine.
Non sono certamente contrario a una regolarizzazione della professione, comprendente anche una giusta aliquota di tassazione, finalizzata anche magari a una maggiore tutela sanitaria e a una previdenza sociale, purché però questo non si traduca, per contro, in un maggiore sfruttamento, e in un peggioramento delle condizioni di lavoro di coloro che non possono, per svariati motivi, emergere alla luce del sole.
Forse prima andrebbe opportunamente riformata la Pubblica Amministrazione, un'utopia mai seriamente affrontata.
Sono ormai quasi 40 anni che lavoro e ho visto progressivamente peggiorare gli uffici pubblici a tutti i livelli, nonostante la paventata digitalizzazione, che si è tradotta in ulteriori complicazioni e disfunzioni, amplificando la mentalità burocratica tipicamente italiana.
Se dai una Ferrari in mano a uno che non sa guidare farà solo danni.
Inoltre, la prostituzione da noi, nella nostra mentalità distorta, è ancora sostanzialmente qualcosa di proibito, di sporco, pericoloso e illegale, nonostante sia invece del tutto legale e corrisponda a una nostra precisa esigenza vitale.
La prostituzione è quindi qualcosa da tenere nascosta, perché ci turba e ci scandalizza, e turba e scandalizza soprattutto gli altri che ci stanno vicino, e non siamo ancora pronti per affrontarla serenamente e seriamente alla luce del sole, né tantomeno per difenderla.
L'insieme di questi due fattori, uno Stato inefficiente e una mentalità ancora becera e distorta, mi ha portato a pensare che sia meglio per il momento lasciare le cose come stanno, onde evitare danni più gravi a tutto il mondo della prostituzione, noi compresi.
Mettere delle tasse sulle prostitute vorrebbe dire inquadrarle come professioniste, con una sede legale, una codice fiscale, una partita iva, esporle quindi visivamente come tali al mondo intero.
Molte, soprattutto le OTR, non sono nemmeno vere professioniste, sono "ragazze" prestate temporaneamente alla strada, le cui famiglie spesso non conoscono il reale lavoro che svolgono in Italia; insomma hanno due vite ben distinte e separate, su due binari paralleli ma indipendenti, che non devono mai collidere, altrimenti per loro sarebbe veramente la fine.
Non sono certamente contrario a una regolarizzazione della professione, comprendente anche una giusta aliquota di tassazione, finalizzata anche magari a una maggiore tutela sanitaria e a una previdenza sociale, purché però questo non si traduca, per contro, in un maggiore sfruttamento, e in un peggioramento delle condizioni di lavoro di coloro che non possono, per svariati motivi, emergere alla luce del sole.