Discussione COVID19 e argomenti correlati

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Speriamo solo che tutto se ne vada come è arrivato!Qualcuno sostiene che un virus dovrebbe comportarsi così!
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Per sfinimento si leverà dai coglioni da solo, stufo di sentire cazzate sul suo conto. E il merito, da non crederci, sarà proprio dei virologi.
:yess:
 
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Doc un sentito ringraziamento per le rassicurazioni da parte di entrambi i miei coglioni. Cominciavano a sudare freddo. Ambasciator non porta pene. :prankster2:

MedRxiv lo abbiamo già sottolineato nei post passati: è un ricchissimo repository di pre-print. Insomma roba che potrebbe essere buonissima e che, dopo il contropelo della peer-review, sarà pubblicata ma soprattutto contiene parecchia robaccia sviluppata in fretta e male.
La nostra stampa ha imparato a frequentarlo e ci sguazza, più la sparata è grossa e più son contenti di pubblicare titoloni.
 
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Mi si perdoni ma mi pare si stia dimenticando il presupposto di ogni ragionamento: nessuno, ma proprio nessuno, ha mai vissuto una esperienza simile a quella che stiamo vivendo oggi. Non ci sono modelli di comparazione e su questo non c'è discussione perchè né l'influenza Spagnola, né la Cinese dell'inverno 1970 sono paragonabili al Covid-19 (e ciò per tecnologie mediche, per differente velocità di diffusione del virus, ecc.) che peraltro ha analogie solo con la SARS.
Ciò detto, aggiungo che nessuno - ma proprio nessuno - è costretto a dire quel che non vuole dire, chi fa certe dichiarazioni lo fa perchè gode di una certa attendibilità e autorevolezza ma purtroppo non resiste al proprio ego. Un esempio tra i tanti? La dr.ssa Maria Rita Gismondo, non la ricordate? Guardate, posso garantirlo, è una virologa di alto livello ma perchè ha dichiarato che questo virus avrebbe fatto meno morti dell'influenza stagionale? Cercava, inevitabilmente e forse inconsapevolmente, notorietà. Poteva farne a meno, poteva evitare di scrivere sui social messaggi come questo perchè se lo fa Topolino, beh... chi gli crede, se lo fa la direttrice del laboratorio di microbiologica clinica del Sacco evidentemente l'attendibilità cambia. E qui mi fermo.
Sulle storielle da bar, si regge il "sentito dire", ecco, di storielle da bar su di una pandemia come quella che stiamo vivendo non ce ne sono granché visto che i precedenti son del tutto assenti.
Ribadisco, è bene essere prudenti il rischio è perdere di credibilità e se si perde di credibilità e non si convogliano messaggi corretti il rischio di reazioni spropositate è dietro l'angolo. Ricordatevi sempre che le parole pesano più dei macigni ed il peso specifico è direttamente proporzionale all'asserito prestigio della persona che le proferisce.


"Inevitabilmente si è corso quindi il rischio di venire smentiti e mi domando perchè si sia deciso di correrlo questo rischio".

La hanno fatto perchè gli è stato domandato. Ne ho visti pochi intervenire di propria sponte.
Se è vero che anche loro potevano soppesare meglio le proprio risposte (ma col senno di poi siamo tutti bravi) è altrettanto vero che i giornalisti non è che siano totalmente privi di responsabilità, benchè stessero facendo, e da un lato anche giustamente, il proprio lavoro (il discorso del senno di poi varrebbe anche per loro tra le altre cose).

"L'informazione prudente, pacata, di contenuto è ormai merce rara e la gente non sa scegliere, non sa filtrare, si fa influenzare da quello che dice quello o quell'altro"

Ma non è sempre stato così anche per tutte le fandonie che si sentono al bar.
Se ripenso a tutte le leggende metropolitane e altre amenità misto barzellette che riportava a casa mio padre dal bar, appunto negli anni 80...

Il prof. Luc Montagnier - eminentissimo virologo - non credo proprio sia lontano dalla verità.
per la discussione pomeridiana lancio questa intervista del prof. Luc Montagnier, Luc Montagnier - Wikipedia

 
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Il 28 e il 29 settembre del 1918 si tenne a Budapest il V Congresso Internazionale di Psicoanalisi. Si era vicini alla fine delle ostilità della Grande Guerra e molti degli interventi dei clinici invitati al Congresso furono incentrati sulla relazione tra il conflitto mondiale e il trauma psichico. Fu un evento a suo modo straordinario nell’ambito della storia della psicoanalisi, perché la pervasività della dimensione collettiva del trauma relativo alla guerra impose che un trattamento fino a quel momento piuttosto elettivo e riservato ad un certo tipo di pazienti si rivolgesse con i propri strumenti di analisi e di intervento a un evento che stava coinvolgendo l’umanità intera. Si vide, ad esempio, che molti soldati che erano stati al fronte, al ritorno presentavano sintomi neurologici e psichiatrici severi, anche se non erano stati in prima persona coinvolti in episodi di battaglia particolarmente drammatici. Quel volgere lo sguardo della analisi clinica ad un evento collettivo in grado di sconvolgere in maniera profonda e duratura la vita di moltissime persone, è stato il primo passo dello sviluppo di tutte quelle teorizzazioni che si sono occupate dell’esposizione psichica a grandi eventi stressanti e che negli ultimi anni ha portato alla definizione, costantemente aggiornata, dei criteri che definiscono il Disturbo Post-Traumatico da Stress.

Si legge da più parti, e a ragione, che non è opportuno utilizzare per l’epidemia da Coronavirus metafore belliche. Fin troppo evidente che ci siano sostanziali differenze che delimitano e marcano i rispettivi confini.

D’altra parte è vero che, nel mondo occidentale, nessuna crisi ha sconvolto in modo così repentino e sostanziale gli assetti del vivere. E lo ha fatto non a partire da una cosa tangibile (come altri grandi stress che possono coinvolgere una vasta popolazione di individui, ad esempio le catastrofi ambientali naturali), ma da un invisibile agente mortale, la cui diffusione è stata, ed in parte è tuttora, così difficile da monitorare e prevedere.

Abbiamo attraversato tutti gli stadi dell’esposizione a un evento gravemente stressante. Dalla negazione (è una banale influenza), allo stupore, al terrore, all’ottimismo (con i canti dal balcone e gli arcobaleni con le scritte), fino a forme più o meno complesse di abituazione.

Sicuramente, dal punto di vista psicologico, siamo stati e siamo sottoposti a una pressione di cui è ancora difficile scoprire i contorni.

Certo è che, più o meno consapevolmente, il virus ha mobilitato sentimenti di angoscia, che è proprio la dimensione che si attiva quando è difficile dare un nome ad un cambiamento drammatico che scompagina le nostre vite.

Ne abbiamo visto gli effetti, ad esempio, con la polarizzazione dell’attribuzione di significato a determinate azioni, come l’uscire di casa: si sono attivati i più elementari processi di controllo, accusa, discredito, odio verso i supposti trasgressori della morale collettiva, perché se è vero che in momenti di crisi c’è un grande bisogno di sentirsi comunità, è anche vero che quel sentimento necessita dell’adesione ad un mitologema preciso che, se nasce dalla paura, continua ad essere nutrito dalla paura ed è quindi così fragile da trattenere in un orizzonte razionale.

Dalla stessa matrice sono nate le ipotesi complottiste che indicano il virus come prodotto di laboratorio per controllare la popolazione, l’Italia messa in quarantena per volontà degli altri Stati interessati a farne crollare l’economia, fino al legame di causalità diretta fra la pandemia e la tecnologia 5G.

Wilfred Bion diceva che “la ragione è schiava dell’emozione ed esiste per razionalizzare l’esperienza emotiva”. La pandemia del coronavirus è nata e si è diffusa improvvisamente, in modo incontrollato, rivelando la fragilità del nostro sistema sanitario e le ancora limitate capacità della società di intervenire tempestivamente per contrastarla.

Per tutto questo, è importante offrire all’interpretazione di questo grande evento collettivo un respiro più lungo.

Per un po’ di tempo siamo stati nell’immaginario di stare giocando una partita capitale, insomma di confrontarci con quegli eventi che hanno un’inizio tonante, un clima che necessita di concentrazione, sforzo e resistenza, e poi la fine. Invece il copione è cambiato in corsa: un po' come in una serie televisiva, in cui il colpo di scena non è mai definitivo perché ci sono molte stagioni ancora e molte puntate da popolare, ora noi siamo nell'era di mezzo tra l’esplosione dell’emergenza e una conclusione che probabilmente non sarà marcata da un boato, ma da lenti, altalenanti aggiustamenti, in cui il virus accompagnerà la costruzione di un nuovo scenario di vita, con dinamiche esistenziali (politiche, sociali, affettive, di lavoro) che stiamo vedendo abbozzarsi senza poterci mettere alla distanza sufficiente per averne un quadro d’insieme.

Il mondo che verrà è il mondo che sta accadendo. Passo dopo passo.
 
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Non ci sono verità sulla genesi di questo virus. Ipotizzando che sia stato il frutto di una modificazione di laboratorio, all'orizzonte si stagliano le due ulteriori sotto ipotesi e cioè che il virus sia stato fatto circolare volontariamente oppure che invece sia il frutto di un incidente. Su quest'ultima sotto ipotesi è evidente che non esista motivazione a sostegno: è un incidente, punto. A quel punto nasceranno tutta una serie di istanze, come - ad esempio - se sia eticamente corretto continuare queste sperimentazioni, oppure se non sia il caso di prevedere meccanismi di "autodenuncia" (che oggi sono rimessi all'etica individuale...) in caso di incidenti come quello ipotizzato (ci sarebbero altre istanze ma mi fermo). Se invece ipotizziamo il "dolo" beh, sinceramente, il cui prodest è tanto suggestivo quanto inquietante. Oggi come oggi, non si fanno più le guerre per conquistare territori, oggi, la vera arma per controllare un popolo, una nazione, un continente è un'altra: il debito pubblico. Chi controlla il debito pubblico, controlla la nazione che lo ha emesso. Ora, voi sapete senza dubbio chi detenga la maggioranza (relativa) del debito pubblico USA, per chi non lo sapesse glielo dico io: la Cina. La Cina potrebbe avere deciso di corroborare le proprie iniziative espansionistiche dopo essersi accaparrata i 3/4 del continente africano. Devo proseguire? Non credo, anzi, immagino che tutti coloro che abbiano avuto la pazienza di leggere fin qui, abbiano già tratto le loro conclusioni. Ebbene, è un'ipotesi, complottista, sì, non la si può che definire come tale. Fa ribrezzo solo al pensiero ma ci sono troppe anomalie in tutto quel che stiamo vivendo. E' legittimo il dubbio. E' legittimo parlarne. Probabilmente chi ne sa più di noi, reputerà che il "popolo" non è pronto per certe notizie come per mille altre che ancora ci hanno nascosto e perseverano a custodire gelosamente.
 
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Benvenuto!

Sono molto perplesso per via del comportamento di alcuni esponenti del mondo della ricerca scientifica e della medicina in genere.
Mi aspettavo qualche unità di intenti nel cercare e trovare delle soluzioni, un comune atteggiamento pacato di buonsenso: constato invece una loro divisione in squadre, con tanto di tifosi ultras al seguito. Credo sia uno degli aspetti più bizzarri della vicenda.

Forse non è così bizzarro, mai sentito due medici dello stesso reparto discutere di sintomi e diagnosi? Ma più in generale, in tutti gli ambienti scientifici si discute parecchio. A maggior ragione nell'ambito della ricerca, quando, come ora, ci si trova davanti ad un problema largamente sconosciuto.
Ovviamente non sei solo, accade ogni tanto che fortunosamente chi, autoalimentando pensieri personali in materia di 'epistemologia creativa' su evidenze, verità e scienze pure si avvede invece del fatto che... sorpresa delle sorprese, anche la matematica E' un'opinione!
Chi sostiene il contrario in genere lo fa perchè non ne ha una gran esperienza. Per tutto il corpo scientifico, chi blatera di verità assolute e teorie definitive ha capito purtroppo ben poco dell'impianto filosofico.
Il lavoro di ricerca assomiglia a quello di un poveretto che si trovi al buio all'interno di un edificio e debba cercare di capire dove si trova, com'è fatto questo posto e magari come uscirne. Se ci si trova in diversi, è verosimile che si confronteranno le proprie ipotesi, che non sempre saranno pienamente sovrapponibili.
A maggior ragione quando si usano metodi statistici induttivi o morfologici o empirici (e in medicina è un'alluvione): sono la firma del fatto che non abbiamo pienamente capito i meccanismi che stanno alla base del fenomeno in osservazione. Tuttavia ci permettono di costruire cose come TC/IP, farmaci, libri e veicoli.
Quello della ricerca è il mondo della critica (si mette in discussione ogni cosa col minimo pregiudizio probabilistico) tuttavia il linguaggio analitico male si adatta alle ribalte TV ed ai titoli della pubblicistica.
Ciascuno, in funzione del grado di avvedutezza, si fa un proprio mondiciattolo ideale in base al quale ogni tanto, viziati dall'enormità che ci concede la modernità ma parimenti banalizzato nella consuetudine, prima o poi si trova a sostenere che 'siamo andati sulla Luna' e non riusciamo a fare questa e quest'altra cosa che IO invece pretenderei proprio.
Voglio la connessione a 100 tera per tutti ad un costo politico, voglio il vaccino per il raffreddore, voglio girare per il mio continente in aeroplano nel fine settimana a costi irrisori, voglio che il combustibile per la mia automobile costi una cicca, voglio campare 120 anni... istanze all'ordine del minuto che però dovremmo vedere come i bimbi di Newton, che giocano con i sassi colorati, davanti al mare che si estende fino al lontano orizzonte della conoscenza.
Anche i ricercatori sono persone, soffrono degli stessi malanni di taluni, compresi alcuni puttanieri (se vogliamo adottare il medesimo registro generalizzante della considerazione iniziale), può essere che siano anche vanitosi [ma meno dei puttanieri... ;-)] tuttavia lavorano in un'ottica collettiva e quando dicono qualcosa, lo dicono nel loro linguaggio che è il più proprio per farlo, nella collocazione più adatta per ciò: la letteratura scientifica. Quel che appare sui titoloni del Resto del Carlino, nello studio-sarcofago del dottorvespa, nei millemila urlatoi catodici è altra roba, è pettegolezzo, è teatro dei pupi, è rumore di fondo, è appena la superficie di un corpaccione assai meno stilizzato e ben più articolato e profondo che sostanzialmete esprime fatica e impegno collettivo.
Serpeggia un pensiero assai diffuso, sostenuto da umanissime istanze come il desiderio di esser più furbi, di sottolineare ad ogni costo la propria individualità o di godere di scorciatoie, che alimenta il magnetico ciclico successo popolare dei venditori di olio di serpente alla Marchi&Panzironi, alla cui ombra ti propongo due esperimenti sociali:
1) così come invitavo, qualche post fa, un teorico della microbiologia predittiva fai-da-te a dissetarsi con acqua stagnante sterilizzata secondo il suo personale augusto protocollo di fantasia, la prossima volta che soffrirai per qualche affezione (succede a tutti prima o poi) evita la categoria dei curriculati e rivolgiti invece a coloro (chiunque siano) che godano di maggiore quota della tua fiducia, che siano eleganti, dispongano di eloquio affascinante, siano immediatamente fotogenici ed empatici, ti blandiscano in ogni modo e si dimostrino più che accomodanti ma che non abbiano formazione medica.
2) definisci esattamente 'buon senso' e rispondi con precisione: la gravità è di buon senso? Ha più senso la meccanica quantistica o quella galileiana? Ha più buon senso la scala Rèamur o quella di suo cugino?
Il mitologico 'buon senso' va bene quando invocato dal pubblicista che si firma con le iniziali, dall'esperto ribollito convocato dal dottorvespa affinchè su tanti pianerottoli si possa fare sì-sì con la testa, declinando questa specie di sarchiapone come IOHORAGIONE, rafforzando quella vanità egotica tanto umana ma che però ha poco a che fare con la produzione di ricerca scientifica.


La seccatura sarà dover imparare il cinese :-/


allora può essere che riapriranno presto ed alla grande i centri massaggi?
;-)


Generalmente leggo attivissimo con piacere, qui mi sono fermato dopo poco per l'eccesso di luoghi comuni e concetti sbagliati.
Ne commenterò qui qualcuno.

mentre attendiamo l'elaborazione del doc segnalo com'è andata a finire, in perfetto spendingreview-style: Chi ha scelto l'app Immuni (non la task force)

Chi può escludere un attacco rettiliano?


una post ricostruzione dei fatti: INPS: tutti i dettagli su quel che è accaduto
 
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smith

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Mi si perdoni ma mi pare si stia dimenticando il presupposto di ogni ragionamento: nessuno, ma proprio nessuno, ha mai vissuto una esperienza simile a quella che stiamo vivendo oggi. Non ci sono modelli di comparazione e su questo non c'è discussione perchè né l'influenza Spagnola, né la Cinese dell'inverno 1970 sono paragonabili al Covid-19 (e ciò per tecnologie mediche, per differente velocità di diffusione del virus, ecc.) che peraltro ha analogie solo con la SARS.
Ciò detto, aggiungo che nessuno - ma proprio nessuno - è costretto a dire quel che non vuole dire, chi fa certe dichiarazioni lo fa perchè gode di una certa attendibilità e autorevolezza ma purtroppo non resiste al proprio ego. Un esempio tra i tanti? La dr.ssa Maria Rita Gismondo, non la ricordate? Guardate, posso garantirlo, è una virologa di alto livello ma perchè ha dichiarato che questo virus avrebbe fatto meno morti dell'influenza stagionale? Cercava, inevitabilmente e forse inconsapevolmente, notorietà. Poteva farne a meno, poteva evitare di scrivere sui social messaggi come questo perchè se lo fa Topolino, beh... chi gli crede, se lo fa la direttrice del laboratorio di microbiologica clinica del Sacco evidentemente l'attendibilità cambia. E qui mi fermo.
Sulle storielle da bar, si regge il "sentito dire", ecco, di storielle da bar su di una pandemia come quella che stiamo vivendo non ce ne sono granché visto che i precedenti son del tutto assenti.
Ribadisco, è bene essere prudenti il rischio è perdere di credibilità e se si perde di credibilità e non si convogliano messaggi corretti il rischio di reazioni spropositate è dietro l'angolo. Ricordatevi sempre che le parole pesano più dei macigni ed il peso specifico è direttamente proporzionale all'asserito prestigio della persona che le proferisce.

In verità, io, alla veneranda età di 40 anni passati, ho capito invece che le parole hanno un principale difetto: non costano un cazzo.
Per quello in gran parte tutti ne sprechiamo un gran quantitativo.
Inoltre, ciò che non costa nulla, di solito non vale nulla ed é difficile che faccia grandi danni.
 
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https://www.youtube.com/watch?v=mDSXzdpFHVo

Andrej Soldatov!

A[...]Introduzione di Pass Digitali per gli spostamenti ll Sindaco di Mosca Sobjanin ha annunciato che [...]

un punto di vista differente sulla faccenda:
https://www.themoscowtimes.com/2020/04/16/how-the-1984-scenario-failed-in-moscow-a70010


Achille Campanile, "Manuale di conversazione"

Purtroppo in àutunno si suppone un aumento dei casi

si ma in Aprile si staccano i dividendi
;-)
 
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...un parlamentare giovane e laureato in Giurisprudenza che interrompe (buona, brutta, falsa, ottima che fosse) la relazione di un ministro perchè non è in grado di capire cosa sia la cache di memoria.

In buona sostanza, tutto il mondo è paese.
 
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Non dico che sia vietato d'ora in poi citare Giulio Tarro, però direi che il "virologo di fama internazionale" è stato un po' "debunkizzato", no?.

DISCLAIMER Non sono un fan di Tarro, del quale non me ne può fregar di meno.

A dire il vero, finora in questo topic è stata dimostrata l'inconsistenza dell'articolo di Next che stroncava Tarro.
L'unica cosa che conta, sono le due sole cose del Tarro-pensiero che a me sembrano di una qualche eventuale utilità concreta:
1) gli sforzi andrebbero concentrati più sui farmaci per la cura che non per la ricerca di un vaccino (nel senso che quest'ultimo arriverà con tempi che lo renderanno molto meno utile ed urgente). Nessuno ha ufficialmente sposato questa teoria (probabilmente le case farmaceutiche lo vorranno morto), ma appare evidente che in un paio di mesi si è compresa l'utilità estrema di antireumatici ed anticoagulanti, farmaci vecchi e di poco prezzo, ma che sembrano utili ad evitare il decesso (non sempre, ovviamente)
2) un atteso declino 'estivo' della pervasività del contagio. In questo si trova in compagnia di uno che non è medico, non è virologo, non è epidemiologo, https://www.liberoquotidiano.it/new...urezza_israele_non_dura_piu_di_70_giorni.html
 
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Forse non è così bizzarro, mai sentito due medici dello stesso reparto discutere di sintomi e diagnosi? Ma più in generale, in tutti gli ambienti scientifici si discute parecchio. A maggior ragione nell'ambito della ricerca, quando, come ora, ci si trova davanti ad un problema largamente sconosciuto.
Ovviamente non sei solo, accade ogni tanto che fortunosamente chi, autoalimentando pensieri personali in materia di 'epistemologia creativa' su evidenze, verità e scienze pure si avvede invece del fatto che... sorpresa delle sorprese, anche la matematica E' un'opinione!
Chi sostiene il contrario in genere lo fa perchè non ne ha una gran esperienza. Per tutto il corpo scientifico, chi blatera di verità assolute e teorie definitive ha capito purtroppo ben poco dell'impianto filosofico.
Il lavoro di ricerca assomiglia a quello di un poveretto che si trovi al buio all'interno di un edificio e debba cercare di capire dove si trova, com'è fatto questo posto e magari come uscirne. Se ci si trova in diversi, è verosimile che si confronteranno le proprie ipotesi, che non sempre saranno pienamente sovrapponibili.
A maggior ragione quando si usano metodi statistici induttivi o morfologici o empirici (e in medicina è un'alluvione): sono la firma del fatto che non abbiamo pienamente capito i meccanismi che stanno alla base del fenomeno in osservazione. Tuttavia ci permettono di costruire cose come TC/IP, farmaci, libri e veicoli.
Quello della ricerca è il mondo della critica (si mette in discussione ogni cosa col minimo pregiudizio probabilistico) tuttavia il linguaggio analitico male si adatta alle ribalte TV ed ai titoli della pubblicistica.
Ciascuno, in funzione del grado di avvedutezza, si fa un proprio mondiciattolo ideale in base al quale ogni tanto, viziati dall'enormità che ci concede la modernità ma parimenti banalizzato nella consuetudine, prima o poi si trova a sostenere che 'siamo andati sulla Luna' e non riusciamo a fare questa e quest'altra cosa che IO invece pretenderei proprio.
Voglio la connessione a 100 tera per tutti ad un costo politico, voglio il vaccino per il raffreddore, voglio girare per il mio continente in aeroplano nel fine settimana a costi irrisori, voglio che il combustibile per la mia automobile costi una cicca, voglio campare 120 anni... istanze all'ordine del minuto che però dovremmo vedere come i bimbi di Newton, che giocano con i sassi colorati, davanti al mare che si estende fino al lontano orizzonte della conoscenza.
Anche i ricercatori sono persone, soffrono degli stessi malanni di taluni, compresi alcuni puttanieri (se vogliamo adottare il medesimo registro generalizzante della considerazione iniziale), può essere che siano anche vanitosi [ma meno dei puttanieri... ;-)] tuttavia lavorano in un'ottica collettiva e quando dicono qualcosa, lo dicono nel loro linguaggio che è il più proprio per farlo, nella collocazione più adatta per ciò: la letteratura scientifica. Quel che appare sui titoloni del Resto del Carlino, nello studio-sarcofago del dottorvespa, nei millemila urlatoi catodici è altra roba, è pettegolezzo, è teatro dei pupi, è rumore di fondo, è appena la superficie di un corpaccione assai meno stilizzato e ben più articolato e profondo che sostanzialmete esprime fatica e impegno collettivo.
Serpeggia un pensiero assai diffuso, sostenuto da umanissime istanze come il desiderio di esser più furbi, di sottolineare ad ogni costo la propria individualità o di godere di scorciatoie, che alimenta il magnetico ciclico successo popolare dei venditori di olio di serpente alla Marchi&Panzironi, alla cui ombra ti propongo due esperimenti sociali:
1) così come invitavo, qualche post fa, un teorico della microbiologia predittiva fai-da-te a dissetarsi con acqua stagnante sterilizzata secondo il suo personale augusto protocollo di fantasia, la prossima volta che soffrirai per qualche affezione (succede a tutti prima o poi) evita la categoria dei curriculati e rivolgiti invece a coloro (chiunque siano) che godano di maggiore quota della tua fiducia, che siano eleganti, dispongano di eloquio affascinante, siano immediatamente fotogenici ed empatici, ti blandiscano in ogni modo e si dimostrino più che accomodanti ma che non abbiano formazione medica.
2) definisci esattamente 'buon senso' e rispondi con precisione: la gravità è di buon senso? Ha più senso la meccanica quantistica o quella galileiana? Ha più buon senso la scala Rèamur o quella di suo cugino?
Il mitologico 'buon senso' va bene quando invocato dal pubblicista che si firma con le iniziali, dall'esperto ribollito convocato dal dottorvespa affinchè su tanti pianerottoli si possa fare sì-sì con la testa, declinando questa specie di sarchiapone come IOHORAGIONE, rafforzando quella vanità egotica tanto umana ma che però ha poco a che fare con la produzione di ricerca scientifica.

Un altro aspetto bizzarro è l'esplosione della logorrea.
:wink:
 
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smith

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La logorrea di solito è uno dei sintomi di psicopatologia.
Anche la grafomania.
 
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Steve

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DISCLAIMER Non sono un fan di Tarro, del quale non me ne può fregar di meno.

A dire il vero, finora in questo topic è stata dimostrata l'inconsistenza dell'articolo di Next che stroncava Tarro.

Non mi risulta, comunque andiamo avanti.
 
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Ne abbiamo visto gli effetti, ad esempio, con la polarizzazione dell’attribuzione di significato a determinate azioni, come l’uscire di casa: si sono attivati i più elementari processi di controllo, accusa, discredito, odio verso i supposti trasgressori della morale collettiva, perché se è vero che in momenti di crisi c’è un grande bisogno di sentirsi comunità, è anche vero che quel sentimento necessita dell’adesione ad un mitologema preciso che, se nasce dalla paura, continua ad essere nutrito dalla paura ed è quindi così fragile da trattenere in un orizzonte razionale..

Per una più puntuale contestualizzazione, si veda questo indignato intervento su FB https://www.facebook.com/groups/212746265584569/permalink/1380598825465968/
perveniente da chi evidentemente non sempre connette neuroni e tastiera
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10219129956858774&set=a.2601807203435&type=3
 
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La logorrea di solito è uno dei sintomi di psicopatologia.
Anche la grafomania.

E la smania di cucina domestica fatta dai bambini, manco fossimo nella Cambogia degli Khmer Rossi di Pol Pot, ove i destini del paese erano affidati agli infanti, in quanto ideologicamente puri?
Ed il florilegio di pizze, focacce, pane fatti in casa ed esibiti in video come trofei?
Ed i tricolori esposti alle finestre in funzione apotropaica?
E gli sfondi delle dirette video fatti di librerie immancabilmente strapiene di libri, libri che però si stenta a credere siano davvero stati letti, viste le tristissime statistiche italiane in materia?
Ed i cantanti costretti a massacrarsi di assurde dirette canore, per sopperire alla mancanza della duecento serate live annuali, i cui proventi rappresentavano l'unico obolo disponibile?
Ed i ballerini omosessuali che devono dichiararsi tradizionalisti ed integerrimi familisti, per andare in onda via internet senza restrizioni di orario?
E le influencer che fanno la raccolta fondi pro-ospedali, laonde ripulirsi l'immagine dai compleanni festeggiati gettando cibo nei supermercati e/o twerkando in perizoma?
E i calciatori che lanciano massime zen reprimendo le bestemmie per il taglio degli ingaggi?
E le serate con scrittori che hanno scritto un solo romanzo, che imperversano dicendo che dobbiamo cessare di essere troppo frettolosi ma preparare il futuro per il quale, però, siamo già in ritardo? (*1)
Ed i guru dell'informazione che auspicano dalla crisi esca una nuova generazione che spazzi via il vecchiume precedente, ma col cavolo rinunciano all'intervista? (*2)

Come avrai capito è l'Italietta che sta emergendo nei suoi aspetti peggiori a preoccuparmi: anche più del Coronavirus.
Ora però vado dietro la lavagna, mi arriverà una bastonata e non ho nemmeno messo la mascherina.

(*1) Paolo Giordano, ad esempio.
(*2) Paolo Mieli, ad esempio.
 
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