Agosto 1989, in vacanza in Ungheria 3 mesi prima della mia laurea, con 2 compagni di facoltà.
Partiamo dall’allora Jugoslavia con una Citroën AX (chi la ricorda?) presa dall’Avis e arriviamo a Budapest e poi sul lago Balaton, il “mare dell’Ungheria”. I miei compagni avevano portato dall’Italia una valigia piena di calze e collant da donna, con cui, secondo loro, avrebbero scopato mezza Ungheria… (ricordate il film di Verdone?). Io non portai nulla e non mi aspettavo nulla, anche perché ero, diciamo così, “in trattativa” con una ragazza italiana, anche lei compagna di facoltà.
Una sera ci perdiamo e non sappiamo più come ritrovare il piccolo appartamento che avevamo affittato in riva al lago. A quei tempi non c’era Internet, Google Maps e GPS: rimane il vecchio sistema, cioè chiedere informazioni a voce. Ci fermiamo a una bancarella in cui 2 donne, una giovane e l’altra di mezza età (forse madre e figlia) vendevano cocomeri. Scendiamo dall’auto e chiediamo informazioni in inglese (l’ungherese è una lingua ostica, simile solo al…finlandese). Nessuna delle due donne parla inglese; noi ci sentiamo completamente persi e uno dei 2 miei compagni sbotta, ad alta voce e in italiano: “queste non capiscono un cazzo, andiamo via!”
Improvvisamente, la più giovane dice: “ma siete italiani!!!” Noi diventiamo rossi per la vergogna, ci scusiamo e chiediamo indicazioni sulla strada in italiano. La ragazza ci spiega tutto e, per sdebitarci, le chiediamo se possiamo invitarla a mangiare una pizza in qualche posto sul lago. Durante la cena i miei compagni “ci provano” con lei, con modi fin troppo diretti e con allusioni varie, per cui la ragazza cerca di evitarli, non risponde a loro, ma invece cerca conversazione con me. Mi racconta che era stata fidanzata 5 anni con un italiano venuto in vacanza in Ungheria, che le promise di sposarla e portarla in Italia. Poi, però, l’uomo scomparve senza lasciarle alcuna spiegazione. Lei mi raccontò questa storia con le lacrime agli occhi, perché voleva andare via dal suo Paese, con un uomo affidabile e che la amasse. La ragazza mi sembrò sincera e in qualche modo “presa” da me: mi portò fuori dal ristorante, in attesa delle pizze, mi prese il braccio e si strinse a me, facendomi sentire i suoi seni sul mio torace. Io però non volevo approfittare di lei, perché non era il mio tipo e stavo iniziando una storia in Italia con un’altra ragazza. Inoltre, non volevo dare un’altra delusione a questa ragazza ungherese. Tuttavia Zsuzsanna, così si chiamava, non smise mai di parlarmi per tutta la cena, chiedendomi che lavoro avrei fatto, cosa mi piaceva mangiare, quale musica ascoltavo. A questo punto pensai a una “via di uscita” da lei e le dissi: ho studiato Pianoforte fino al diploma e ascolto solo musica classica, quindi Chopin, Liszt, Wagner. Alla parola Wagner gli occhi di Zsuzsanna si illuminarono e mi disse: io sono innamorata di Wagner, dopo cena vieni a casa mia e ti farò vedere tutti i dischi che ho! A questo punto non avevo altre scuse per rifiutare l’invito della ragazza: accompagnai i miei compagni al nostro appartamento e andai con Zsuzsanna. Appena entrati nella sua piccola casa, la ragazza prese un disco a 33 giri e fece partire la Cavalcata delle Valchirie, a tutto volume. Poi lei iniziò la sua cavalcata: quasi mi strappò i vestiti e cominciò a baciarmi su tutto il corpo; poi, in dieci secondi, era già nuda e a cavalcioni su di me, con la sua patatina sulla mia bocca. Io avevo in tasca un profilattico (prestatomi prima da uno dei miei compagni), lo infilai velocemente e la ragazza iniziò a spingere su di me come una forsennata, con le sue mani sul mio petto. Dopo poco tempo, e prima di me, Zsuzsanna ebbe un orgasmo violento: i muscoli della sua vagina si contrassero involontariamente attorno al mio membro, gridò qualcosa in ungherese così forte che il “tutti” dell’orchestra wagneriana parve scomparire. Dopo, rimanemmo in silenzio per un po': io non sapevo cosa dirle, ma lei mi parlò per prima. Mi disse: “ho voluto fare sesso con te, perché sono due anni che non lo faccio. Dopo la storia con il tuo connazionale mi sono bloccata, ma voglio continuare a sperare che non tutti gli uomini sono uguali, ma ci sarà qualcuno gentile e onesto come te. So bene che il tuo cuore è rimasto in Italia, ma per me va bene anche così. Grazie della serata”. Al che io le risposi con l’unica parola in ungherese che conoscevo: “Köszönöm” cioè grazie.
Io tornai in Italia e in seguito scambiai qualche lettera con Zsuzsanna (carta e penna, allora si faceva così). Dopo qualche mese lei mi scrisse che aveva trovato un uomo e volevano sposarsi: io le feci i miei sinceri auguri e le mandai un mazzo di fiori con Interflora.
A questo punto, i (pochi) lettori che avranno avuto la pazienza di leggere fin qui dovrebbero aver capito la morale di questa storia. Le donne, talvolta, danno all’atto sessuale un significato diverso da quello dato da noi uomini. Questo vale per il mondo “free” e, a maggior ragione, per il mondo “pay”. Troppo spesso, infatti; il punter attribuisce significati completamente fuori luogo, ed anche pericolosi, ad un incontro particolarmente “appagante” con una ragazza pay, che invece semplicemente sta svolgendo il suo “lavoro”.