Ieri ho avuto parecchio tempo per leggere e riflettere, oggi ho l'occasione per scrivere e quindi, se avrete la pazienza di leggere...
Ero al primo anno dell'università, un corso di una sessantina di persone con una netta maggioranza di ragazze, una vera gioia per gli occhi. Belle, molto belle, carine, qualcuna bruttina ma tutte ricche del fascino della gioventù... e della follia degli ormoni della mia gioventù.
Lei – la chiameremo Lisa – faceva parte delle belle, una ragazza molto alla mano, seria e dedita allo studio. Da principio era una delle tante, una figura snella che si aggirava tra aule e corridoi che lunghi capelli castani spesso raccolti e un bel culetto stretto nei jeans. Poi mi sono trovato a sedere davanti a lei durante una lezione ed ho scoperto le due particolarità che la rendevano speciale. Innanzitutto la voce. Un timbro stranamente basso per una ragazza, con una venatura nasale. Non brutta, non bella, strana e stranamente musicale. Abbastanza inusuale da portarmi ad osservarla con maggiore attenzione e notare il colore degli occhi: blu. Un blu intenso, profondo e luminoso. E' stato anche il momento in cui ci siamo presentati, lei incerta su come reagire al mio sguardo fisso e io estremamente abile nel dare prova di quanto fossi inebetito.
Nonostante quella partenza non certo brillante io e Lisa dagli occhi blu ci siamo trovati simpatici ed è capitato spesso di chiacchierare, organizzarci con gli stessi gruppi di studio o per qualche uscita con i compagni di corso. Era ancora una tra le tante, ma quella con cui avevo legato di più e con cui avevo maggior frequentazione. Durante una cena in una delle storiche paninoteche triestine ci ha presentato il fidanzato con cui stava da due o tre anni e ora come allora ricordo lo sguardo che lei aveva per lui: languido e sognante era palese che fosse innamorata persa e in totale adorazione. Uomo fortunato.
Con l'arrivo della bora e del freddo ho avuto modo di fare una nuova scoperta: la strana voce di Lisa, congestionata dal raffreddore, diventava profonda e graffiante, talmente sensuale da causare erezione istantanea e rendere un zinzino complicato concentrarsi nello studio. La cosa è proseguita per qualche giorno – durante i quali ho seriamente rischiato la cecità da masturbazione, tanto a casa quanto nei bagni della facoltà – fino a quando mi sono allontanato dal tavolo dove eravamo abituati a raccoglierci. Tutti mi hanno fissato con aria interrogativa e lì per lì ho detto l'unica cosa che mi è venuta in mente: "Ragazzi non vi offendete, ma la voce di Lisa con l'influenza è troppo sexy, non riesco a concentrarmi. Vado a studiare con gli altri, ci rivediamo quando sarà guarita."
In quel momento lei mi ha odiato, rossa per l'imbarazzo, ma da quel momento in poi siamo entrati in confidenza. Quella battuta aveva aperto una breccia nel distacco reciproco e aveva permesso a due colleghi di procedere verso l'amicizia. A questo punto non era più una delle tante ed anche se l'ormone sbarazzino folleggiava fantasticando qui e lì era lei la mia cotta impossibile.
Nei mesi successivi è capitato spesso che uscissimo insieme anche senza i compagni di corso, che mi presentasse ad amici e amiche... ricordo ancora con terrore una cena a casa con i suoi e lo sguardo del padre che aveva sottointesa una minaccia di morte per lo sconosciuto (e straniero) che riteneva troppo in confidenza con la sua bambina. Tutto sommato, però, mi sentivo abbastanza al sicuro: lei aveva un fidanzamento blindato, io non avevo nessuna speranza e nemmeno mi sarebbe mai venuto in mente di provarci. Strano a dirsi, ma sebbene mi sia trovato più volte nel ruolo del terzo incomodo non ho mai cercato volontariamente di infilarmi tra una coppia.
Un pomeriggio di primavera (forse era già estate, non ricordo) approfittando dell'assenza del mio coinquilino avevamo preso possesso della sala da pranzo e coperto il tavolo con libri e appunti. Un esame di quelli tosti, con una base di teoria corposa e, soprattutto, chilometri di schemi di informazioni da mandare a memoria. Lei era veramente brava, io e la memoria siamo sempre stati rette parallele, quindi è stato un lungo, lunghissimo pomeriggio. Arrivati in fondo all'ultima risma di appunti si è deciso per uno spuntino e mentre io armeggiavo con i fuochi lei continuava a farmi domande a tradimento. Lasciata la caffettiera al suo destino sono tornato verso il tavolo e mi sono fermato alle sue spalle, come già era successo molte volte ho mosso le mani a massaggiarle le spalle e il collo. Come già era successo molte volte lei ha chinato la testa indietro poggiandosi sulla mia pancia e mi ha fatto una boccaccia. Come sempre ho mosso le mani a coprirle il viso in una carezza e lei ha sorriso. Per la prima volta ho fatto il gesto di chinarmi, un movimento istintivo che è durato un battito di ciglia prima di essere fermato dalla ragione. Lei ha incrociato le dita dietro la mia nuca e mi ha attirato a sé. Ho il chiaro ricordo di diversi baci lunghi e appassionati, quelli che durano oltre il respiro e continuano rubando l'ossigeno in boccate d'aria concitate ma quello è stato il primo. Continuato mentre lei si alzava, mentre mi sedevo e lei mi saliva in braccio, mentre il caffè usciva e bruciava. Condito con carezze che tremavano di desiderio.
Ci siamo ritrovati avvinghiati, in debito d'ossigeno con la fronte poggiata sulla fronte a cercare di mettere a fuoco gli occhi l'uno dell'altra.
* Non posso.
Se l'influenza rendeva la sua voce irresistibilmente sensuale, sentirla avvolta dal desiderio mi faceva ribollire il sangue. In quel momento, tra gli ululati del piccolo cavaliere pronto alla pugna, ogni neurone disponibile è stato utilizzato per mettere insieme una dolorosa orazione di due parole.
- Lo so.
Quello che non sapevo e che ho realizzato rileggendo alcuni messaggi di questa discussione è di quanto lei sia stata gloriosamente zoccola in quel bacio. Era qualcosa che andava contro la sua morale, qualcosa di incompatibile con l'amore romantico che stava vivendo, qualcosa che fino a quel momento non aveva mai pensato di poter fare ma in quell'istante era stata la voce del desiderio ad imporsi su ogni altra cosa. E se era vero che non ha voluto andare oltre è altrettanto vero che non ha mai avuto dubbi o ripensamenti su quello che era successo. Nessun puerile senso di colpa per aver voluto soddisfare quell'improvvisa espressione di una brama maturata in mesi di frequentazione.
Inizialmente avevo preventivato di fermarmi a questo, ma ripensando a Lisa sono giunto alla conclusione che vi sia un altro evento che vale la pena di menzionare... se avrete la pazienza di leggere oltre.
Una delle cose che ammiravo in Lisa era la sua capacità di essere concreta. Il tempo di preparare un altro caffè e stavamo chiacchierando per assicurarci che l'accaduto non minasse i nostri rapporti. Era chiaro che l'attrazione fosse reciproca – scoprirlo era stata un'incredibile sorpresa per me – ma se fino a quel momento non ci aveva causato problemi eravamo in grado di gestirla.
Alla fine di quella serata ero diventato quanto di più simile al paradigma dell'amico gay e se prima eravamo in confidenza ora lo eravamo molto di più. Esperienza strana quella di essere il confidente della ragazza che finisce per essere uno dei pilastri ispiratori della tua attività masturbatoria, parlare con lei di quale (altra) ragazza ti piaccia e di come sia finito il tuo ultimo appuntamento, di ricevere consigli a riguardo o di finire per parlare dei progetti che sta facendo con il suo fidanzato.
Nel frattempo era tornato l'inverno. La bora la faceva da padrona, le feste si avvicinavano e stavo valutando l'ipotesi di imitare il mio coinquilino che di lì a poco sarebbe tornato a casa. Dovendo studiare, da universitario responsabile, avevo fatto tardi cazzeggiando con il computer e stavo sonnecchiando sul materasso con cui avevo sostituito lo striminzito lettino della mia stanza. Una vibrazione del cellulare.
* Sei sveglio?
- Non del tutto.
* Mi apri?
Mi sono trascinato all'ingresso e l'ho trovata sulla soglia imbacuccata in cappotto e cappuccio con gli occhi arrossati. Un sonoro tirar su del naso ha confermato che avesse pianto.
* L'ho trovato a letto con Vale.
Abbracciarla è stato il mio primo pensiero. Pessima idea se si ha addosso solo una maglietta e ci si trova ad abbracciare un cappotto gelido. Ci siamo infilati a sternutire in camera mia prima di svegliare il coinquilino e avvolti nelle coperte come indiani intorno a un fuoco.
Il suo racconto era quanto di più classico: lei si era organizzata in modo da fare una sorpresa al fidanzato e passare qualche giorno a casa di lui, ma quando era arrivata non era stato lui l'unico a rimanere sorpreso. Se n'era andata sbattendo la porta, aveva camminato in lungo e in largo fino a trovarsi nei pressi dell'università e visto che abitavo poco distante aveva pensato di raggiungermi. Non voleva tornare a casa, avrebbe dovuto rispondere a troppe domande.
* Posso restare?
Tra il tono sconfortato e la tristezza dei suoi bellissimi occhi blu, l'avrei fatta restare anche fosse stata una perfetta sconosciuta. Ninja nella notte, lei si è fatta una doccia calda e mi ha raggiunto a letto dove, tra una chiacchiera e l'altra si è accoccolata con la schiena contro il mio petto lieta di venire abbracciata, accettando con disinvoltura il fatto di aver il sedere premuto contro l'ennesima erezione dedicata a lei. Delizia e disgrazia dell'essere l'amico gay, non ho pensato per un istante di dare ascolto al piccolo cervello che si stava appropriando di tutto il mio sangue e così ci siamo addormentati.
Doveva essere la notte del giovedì perché il mio coinquilino è partito il giorno dopo e mi sono trovato con la casa libera, lieto di poter invitare Lisa a rimanere per il fine settimana che comunque avrebbe dovuto passare fuori da casa. La prima giornata è stata dedicata al cazzeggio nelle sue forme più nobili con una gita oltre confine e una serata di prove d'acconciatura... all'epoca i miei capelli erano più lunghi dei suoi ed ogni scusa era buona per smanacciarli. La notte uguale alla precedente, dal modo con cui si era accostata all'erezione che ci aveva trovato. Bella cosa la gioventù.
Sabato si era decisa a rispondere ai messaggi del fedifrago. Una mattinata grigia che era culminata con un: "Ci vediamo da te questo pomeriggio, ora non rompere più." e un pianterello a telefonata conclusa. Uscita poco dopo pranzo e tornata poco prima di cena ha riassunto la giornata con un "L'ho lasciato" e si è messa ai fornelli. La tristezza era evidente ma in secondo piano rispetto alla determinazione. Ragazza forte Lisa. La sera si è rannicchiata in quello che ormai era il suo posto. "Mi coccoli?" è stato l'unico sussurro prima del lungo silenzio che ha portato al sonno. Ragazza fragile Lisa.
Dovendo riassumere la domenica con una sola parola direi: "Riflessiva". L'espressione era la stessa di quando si fissava su qualche concetto di studio che continuava a sfuggirle fino a quando non riusciva a catturarlo. Diversamente dal solito era silenziosa e riduceva anche le comunicazioni necessarie a qualche parola.
Nel buio invernale di metà pomeriggio, la lascio al tavolo della sala e quando torno dal bagno lei è sparita. Il cappotto è appeso accanto all'ingresso, se non sta giocando a nascondino in camera del coinquilino è nella mia. Torno alle mie letture per qualche minuto poi mi decido ad andare a vedere. La luce è spenta e lei è rannicchiata sotto le coperte.
- Tutto bene?
* Stai un po' con me?
La raggiungo e lei si sposta per rincantucciarsi contro di me per essere abbracciata.
Sento un bacio sulla mano, non è il primo ma a differenza degli altri questo continua, risale il braccio e si illanguidisce.
- Lisa?
Il bacio continua fino quasi alla spalla, poi lei si rigira nell'abbraccio per puntare lo sguardo nel mio.
* L'ho lasciato.
Nessuna tristezza ma una profonda consapevolezza maturata nelle ore di riflessione. Il suono della voce è lo stesso del giorno in cui ci siamo baciati: profondo, appassionato e vibrante. Si era presa il tempo per digerire quel pensiero, per assicurarsi che quello che stava per accadere non fosse una reazione al tradimento subito ma solamente una risposta al suo desiderio. Non voleva lasciare ad altri il minimo controllo su quella primordiale espressione di sé.
Chiedermi se la volessi fu una mera formalità che servì a dare il via alla frenesia di liberarsi degli abiti. Mesi da amico gay avevano fatto sì che io sapessi tutto quello che le piaceva e lei altrettanto di me. Per tacere della voglia reciproca accumulata fino a quel momento. Pomeriggio, sera, notte, a sfinimento. E se già sapevamo di non essere fatti per stare insieme avevamo tutta la sintonia necessaria per essere ottimi amanti, in quel momento e fino a quando non avesse trovato qualcuno che riaccendesse il suo amore romantico.
Guai a voi, anime prave!