Il 22 giugno 2013 La Repubblica ha pubblicato un articolo dal titolo “Allarme prostitute sulla circonvallazione: in strada di notte cento schiave del racket”. Cercandolo in rete con il titolo lo trovate molto facilmente e ne consiglio a tutti gli “amici della circonvallazione” una lettura critica. Si trattava, infatti, di un intervento pessimo da un punto di vista professionale: nessuna inchiesta, nessuna intervista a ragazze o clienti; il giornalista una sera si è fatto un giro sulla circonvallazione, le ha contate, ha chiesto qualche tariffa, ha raccolto la testimonianza di una sfaccendata che “osserva [...] sotto le finestre” la vita della notte (capirai che testimonianza di qualità!) e di un operatore sociale, poi ha cucito insieme vari luoghi comuni, senza risparmiarsi un po’ di diffamazione/disinformazione sui forum tipo il nostro. Così ha compilato il suo banalissimo pezzo sulla “schiavitù del sesso in città [...], tollerata e nutrita da migliaia di clienti”. Ora, che nel campo della prostituzione operino reti criminali è vero, ma queste sono tollerate e nutrite dal proibizionismo di stato. È anche vero che purtroppo esistono esperienze individuali molto dolorose, su cui sarebbe bene che le forze di polizia concentrassero le loro risorse, invece di preoccuparsi della persecuzione del cliente. Se parliamo però delle ragazze della circonvallazione nello specifico, come pretendeva di fare l’articolista, diciamo pure che fra quelle che conosco, tra vacanze di Natale a Bruxelles e a Roma, copriletti firmati di lusso in casa, abbronzatura da lampada ed acconciature con extension, esse mostrano una disponibilità di risorse per la cura di sé, degli ambienti in cui vivono e del proprio tempo libero che è ben poco compatibile con lo stereotipo vittimario generalizzato, che in realtà serve soprattutto a colpevolizzare i maschi clienti della strada.