Il salotto buono, anche in societa', si riconosce collettivamente come tale non tanto perche' e' buono in se', ma perche' chi vi appartiene si sente d'appartenere, appunto, al salotto buono. All'elite. Con annessi di cagacazzeria conseguenti.
Diciamo che quelle che si collocano in via Reni si sentono in prima fila e si atteggiano di conseguenza. Si sentono più modelle in casuale prestito alla strada, che mignotte. Decorative, a vicarianza del carente arredo urbano.
C'e marciapiede e marciapiede, insomma. Un po' come fare l'uscere. Una cosa e' farlo al Quirinale, un'altra al Consorzio agrario di Trebaseleghe. Con rispetto parlando.
Ho l'impressione, discorso repellente, che anche le quotazioni del metro lineare del cordolo in questione siano più alte delle altre locazioni.
Sul grado prestazionale, beh, la new entry lascia a desiderare. Ma le colleghe, nelle recensioni di autorevoli estensori, mi sembrano di qualita'. Come lo era, per mia comprovata esperienza, anche la Simona. Di cui la neofita ha preso il posto, il listino, ma non lo stile onesto e generoso.
E poi, in nome della detestabile apparenza, va detto che le renine sono sempre deterse, agghindate, curate, ben vestite e profumate, mentre in ogni altro distretto, lo stile si fa più marginale, il degrado più evidente, la notte più nera.
Con ciò, personalmente, mille volte e sempre C.so Usa. A giocare a scacchi con la sorte. Conscio che prima o poi scattera' anche per me la trappola che non saprò vedere.